Poca sicurezza e molta repressione

Abbiamo intervistato alcuni delegati USI Sanità dell’Istituto della Sacra Famiglia, una struttura che fa servizio sanitario pubblico convenzionato ed ospita sevizi per disabili, anziani e persone che hanno bisogno di riabilitazione, con circa 2500 dipendenti. La sede principale è quella di Cesano Boscone (Milano) ma ha anche strutture collocale in altre località. L’azionista principale è la Curia milanese. Molto recentemente la Direzione Aziendale in modo unilaterale ha imposto il passaggio ai dipendenti con contratto ARIS a quello meno oneroso dell’Uneba, dove era già collocata una parte dei dipendenti, assunti in un secondo momento allo scopo di dividere, applicazione del concetto padronale dividi ed impera. Questo ulteriore sopruso aveva creato una forte opposizione fra le lavoratrici e lavoratori che in Assemblea generale si sono espressi con un netto rifiuto, con mobilitazioni interne ed esterne e uno sciopero di tutto il personale con una manifestazione davanti al Palazzo della Curia milanese. Con il sopraggiungere della pandemia è stato però imposto il blocco di ogni forma di mobilitazione e di sciopero, creando le condizioni per la sottoscrizione del CIA (Contratto Integrativo Aziendale) sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil e AdL Varese, con cui si riduceva il danno ma con una perdita di salario, con l’aumento dell’orario di lavoro e la riduzione di altri istituti come malattia, ferie, ecc. Un accordo al quale si sono opposti USI e Cobas i quali continuano ad opporsi.

Enrico Moroni – d’ora in po EM: Nell’Istituto, dopo le vittime della pandemia della prima ondata, attualmente vengono rispettati i protocolli di sicurezza verso gli operatori sanitari e gli assistiti in cura?

Delegati USI Sanità – d’ora in poi DU: Ad oggi, dopo varie segnalazioni sottoposte e verbalizzate soprattutto attraverso il comitato Covid-19, le procedure ed i protocolli della Fonazione registrano una maggiore attenzione e coerenza. Bisogna però sottolineare che, per veder garantito il rispetto delle norme atte al contenimento della diffusione del virus Sars-Co2 gli RLS aziendali hanno dovuto, per alcune delicate situazioni, trasmettere le informazioni anche agli organi competenti territoriali.

EM: Da parte del sindacato in generale e dell’USI in particolare ci sono state azioni di denuncia sulle mancanze di tutele alla salute da parte aziendale?

DU: Certamente sì e spesso il supporto per le denunce arriva solamente da chi fa sindacalismo di base.

EM: Con quali risultati ottenuti?

DU: Riguardo e accortezza quando gli adeguamenti richiesti avevano bisogno semplicemente di maggiore cura, ma parecchia resistenza e riluttanza quando si osservava che le mancanze erano strutturali e deficitarie a livello gestionale.

EM: Si registra da parte dell’azienda un particolare accanimento repressivo verso chi come USI denuncia il mal funzionamento all’interno?

DU: Non vi è alcun dubbio. Chiunque segnala/denuncia, all’esterno del proprio contesto lavorativo di reparto inadempienze e scorrettezze nell’organizzazione, si espone e rischia sanzioni disciplinari anche se presta la sua opera con diligenza.

EM: Quali possono essere state le azioni sindacali che maggiormente hanno infastidito l’operato aziendale?

DU: Le segnalazioni inviate all’ATS ed al Prefetto, soprattutto le mobilitazioni contro le scelte aziendali, le denunce pubbliche, le cause in corso contro il passaggio da un contratto ad un altro imposto in modo unilaterale, contro il quale ci stiamo tutt’ora opponendo.

EM: Quali sono i motivi principali che vedono il vostro sindacato in contrasto con il comportamento aziendale?

DU: Nell’ultimo decennio abbiamo denunciato l’innumerevole dispendio di denaro ricavato in primis con il cambio del contratto da ARIS ad UNEBA per tutti i lavoratori. La Fondazione ha sempre potuto godere di ingenti lasciti di benefattori e di introiti acquisiti grazie alle vendite delle sue proprietà. Ha in progetto la costruzione di un nuovo Polo Riabilitativo ma nessun riguardo sulla peggiorata qualità di vita dei propri pazienti/utenti e dei lavoratori. Scarseggia il personale perché con i pensionamenti i lavoratori non sono rimpiazzati e mancano gli infermieri perché non sono gratificati dallo stipendio inadeguato rispetto alle responsabilità. Una situazione che aumenta pesantemente i carichi di lavoro per i dipendenti dove Il riposo e le ferie non possono essere garantite quasi sempre per esigenze di servizio e la normalità durante la pandemia è stata lavorare ai minimi assistenziali. La nostra voce come USI è essenziale perché altrimenti l’arroganza e la prepotenza aziendale avrebbe per certo il sopravvento.

EM: Quali potrebbero essere le condizioni all’interno e all’esterno dell’azienda per una importante azione rivendicativa per fare quel salto nella difesa dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori che auspicate?

DU: Riteniamo opportuno sottolineare che i diritti devono essere rivendicati in primis da ogni lavoratore. Senza la consapevolezza di chi lavora non può esserci comprensione e partecipazione per denunciare l’abuso. Buona parte del nostro tempo si spende nel formare ed informare, soprattutto con l’obbiettivo di allargare l’unità dal basso dei lavoratori al fine di rovesciare i rapporti di forza esistenti. All’esterno della realtà aziendale in assenza di voce per farci sentire crediamo sempre nelle denunce pubbliche. Tutto quello che è stato scritto resta ed è la miglior testimonianza e prova davanti qualunque organo preposto al controllo dell’operato aziendale. Soprattutto sarebbe auspicabile che situazioni del nostro settore, sottoposte ad analoghi maltrattamenti, riescano a capire la necessità di unire le forze.

Intervista a cura di Enrico Moroni

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